Nel campo delle dipendenze relazionali il concetto di “narcisista perverso o patologico” non descrive una patologia della personalità, ma una modalità di costruire rapporti sentimentali all’insegna del controllo del partner e del disimpegno dal rapporto. Ciò vuol dire che il narcisista perverso non può essere considerato necessariamente un soggetto patologico; è piuttosto un individuo che adotta strategie congruenti col proprio obiettivo di base: alimentare la sicurezza di sé a scapito dell’altro e con un investimento minimo. Rispetto alle sue “vittime”, che ricercano una relazione amorosa intensa e durevole, il narcisista nutre indifferenza. Se sollecitato al confronto, può reagire con fastidio o rispondere con violenza. Dal proprio punto di vista privo di empatia, il narcisista perverso non può comprendere a appieno le esigenze dell’altro e vive le sue richieste come indebite e illegittime. Fare lo sforzo di capire e di ascoltare lo metterebbe nella sgradevole posizione di rinunciare al controllo e alla supremazia sulla partner. Per questo, chi si ostina nella relazione con un narcisista perverso non ha alcuna speranza di riuscita e, senza accorgersene, si sta impegnando in un atto auto-lesionista e sterile. Nessuna azione, nessuna persuasione, nessun sacrificio, cambiamento o strategia muterà il narcisista perverso in un Principe Azzurro. Eppure l’ossessione che avviluppa le vittime e che le soggioga a volte per anni, a volte per tutta la vita, è quella di essere sostituite da donne più belle e più capaci di farsi amare.
All’inizio della relazione il narcisista perverso tende a celare l’irrequietezza e l’intolleranza con cui osserva l’altro. Ma, mano a mano che il rapporto prosegue, il narcisista perverso conquista spazi di manovra sempre più ampi e sottopone la partner a conflitti o umiliazioni di intensità crescente, come a voler misurare il proprio potere. Le reazioni disperate della vittima lo rassicurano e lo gratificano. A tratti può commuoversi per lo stato di prostrazione in cui riduce la compagna e cercare di “rimediare” con qualche coccola e promesse di cambiamento. Queste condotte riparatorie non fanno che confondere la vittima e alimentare la sua dipendenza, perché fomentano l’illusione amorosa.
Chi rimane impigliata/o nella dipendenza affettiva con un/ una narcisista perverso/a viene inizialmente sedotto dalla sicurezza con cui il/la partner sembra sceglierli. Subito dopo, però, scatta la tagliola dell’ambivalenza e dell’incostanza, l’alternanza disperante di silenzi e di attacchi che caratterizza questo tipo di dipendenze amorose. L’ambiguità della comunicazione narcisistica è tale da offrire infiniti spunti perché la vittima la interpreti in modo egocentrico, secondo il proprio sistema di valori e le proprie aspettative. La sfida più complessa per chi precipita nel vortice della dipendenza affettiva da un narcisista perverso è imparare a tradurre secondo un altro sistema di riferimento, un diverso modello di realtà, messaggi che sembrerebbero incoraggiare la relazione e che invece perseguono il solo scopo di congelarla in un comodo e disimpegnato “equilibrio” che gratifichi l’immagine grandiosa del narcisista. Ciò che sprofonda il partner del narcisista è innanzitutto la difficoltà a individuare con chiarezza l’inutilità delle proprie azioni all’interno del rapporto e il rassegnarsi all’idea che qualunque cosa farà, sarà sbagliata. Non c’è modo, infatti, di accendere l’amore nell’altro. Anche quando il narcisista sembra avvicinarsi, ritornare sui suoi passi, anche quando sembra amare teneramente sta manipolando. E basta. Manipola perché non tollera di perdere il controllo, di essere abbandonato e, soprattutto, di essere smascherato nella sua incapacità affettiva. Ed ecco il primo errore da evitare: tentare di smascherare il partner ponendolo davanti al suo egoismo, all’incostanza, alla ferocia dei suoi silenzi, alla violenza delle sue sparizioni. Pur di mantenere integra l’immagine positiva di sé, il narcisista si difenderà persuadendo la partner di essere inadeguata e pazza e giustificando i propri comportamenti come reazioni alla sua pochezza. Oppure si adeguerà temporaneamente alle richieste della vittima al solo scopo di dimostrarle che ha torto, per poi tornare repentinamente alle usuali modalità sadiche e anaffettive. In questo quadro, ogni tentativo di smascheramento finisce per perpetrare lo schema della relazione e alimentare l’ossessione. Per uscirne davvero occorre abbandonare l’esigenza di ottenere dall’altro scuse e ammissioni e prendere la decisione di agire con autonomia. Sarà solo il primo passo, perché quando il narcisista perverso sente che la preda si allontana si attiva per ricatturarla ed è capace di ricomparire anche a distanza di mesi o di anni pur di ristabilire il suo potere. Per farlo può ricorrere alla richiesta di chiarimenti, tentare la carta dell’amicizia o riproporsi in modo seduttivo attraverso il love bombing. Il secondo errore da evitare è accettare di “chiarire” la situazione faccia a faccia, nella consapevolezza che si tratti di una trappola per continuare il massacro. Per la vittima è una decisione difficile perché, più o meno consciamente, subisce con stupore il fascino del riavvicinamento di qualcuno che credeva la disprezzasse e che, all’improvviso, assume un atteggiamento interlocutorio sulla relazione. La parola d’ordine è “No”. Non vedersi, non “chiarire” nulla, non avere più nulla a che fare con l’altro, almeno finché il percorso di liberazione e di emancipazione dalla dipendenza affettiva non sia compiuto.
Il terzo errore da evitare è mantenere aperta la comunicazione col narcisista perverso. Niente sms, Facebook, nessun contatto diretto o indiretto (no contact) sono le chiavi per superare l’astinenza affettiva e concludere per sempre la relazione. Infatti, non si può “guarire insieme” dalla dipendenza affettiva quando è attivata dal narcisismo, non può in alcun modo essere un percorso congiunto, ma è il frutto di una elaborazione individuale della “vittima” che, sulla base del riconoscimento degli schemi dell’altro, conclude con determinazione e coraggio che l’unione in cui si era cimentata fosse realmente impossibile.
Il dipendente affettivo finisce per concentrarsi completamente su di sé, sui propri “errori”, sul proprio dolore, perdendo di fatto la percezione realistica del “soggetto” che “ama”, “soggetto” che diventa oggetto, totem, utopia. Nulla di simile all’originale narcisista, instabile e a propria volta gravemente avulso dalla realtà e dalla relazione. Nella mente del narcisista l’altro non esiste, non esiste come interlocutore, non esiste come persona, ma è solo specchio e strumento per convalidare la propria immagine e arricchire una narrazione egocentrica, grandiosa, che necessita di vittime da sacrificare alla propria personalità despota e sovrana.
Il narcisista e la sua partner sono due ciechi incapaci di vedersi l’un l’altro, condannati a presupporre l’esistenza di un “amore” che è soltanto la proiezione terrificante dell’incapacità di amare qualcuno all’interno di una realtà psicologica diversa: congiunta, appagante, condivisa e progettuale.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale può aiutare la persona, uomo o donna che sia, ad uscire da una relazione di dipendenza affettiva con un/una narcisista patologico/a, partendo dalla comprensione del proprio funzionamento psicologico e dai fattori cognitivi, emotivi e comportamentali che mantengono e rafforzano la dipendenza. La psicoterapia può essere di grande aiuto anche per i soggetti affetti da un disturbo narcisistico di personalità.