Dott.ssa Laura Marchi

Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale Pisa e provincia

Tag: anoressia nervosa

Trattamento cognitivo-comportamentale dell’anoressia nervosa nell’adolescenza

I disturbi dell’alimentazione sono disturbi complessi da un punto di vista sia psichico sia organico e molto diffusi nella popolazione generale; le stime di prevalenza si attestano attorno al 5-15%. La massima incidenza di questa disturbi la troviamo nella fascia di età 14-18 anni, quindi nella prima adolescenza. Questa è la ragione per cui è di estrema importanza riconoscere tempestivamente i primi segni di disturbo alimentare e intervenire con trattamenti efficaci e specialistici, evitando in questo modo la cronicizzazione del disturbo e le conseguenze negative su un piano medico, psichico, sociale e familiare.

I sintomi alimentari sono dei rimedi, delle strategie utilizzate dai pazienti per controllare problemi psicopatologici più profondi quali: un senso pervasivo di inefficacia personale (i pensieri, le azioni, i bisogni sono etero-determinati, non originano attivamente dall’interno), difficoltà a identificare le emozioni, le sensazioni, gli stati interni, identità personale fragile/non strutturata (che va oltre la diffusione d’identità tipica della fase evolutiva adolescenziale), focalizzazione sull’immagine corporea e sua distorsione. L’autostima personale, il proprio senso di efficacia personale, che caratterizza ogni essere umano e che si gioca in vari domini esistenziali, in pazienti con disturbo alimentare si gioca in un unico dominio che è quello del controllo del peso e dell’alimentazione. Le strategie di controllo sono il bersaglio del trattamento, ma è importante riconoscere come terapeuti e far riconoscere ai pazienti, il significato e la funzione che svolgono, prima di poter pensare di motivare al trattamento; esse sono tese a ridurre il senso di pericolo e di vulnerabilità percepita. Il nucleo psicopatologico dei DCA è costituito da convinzioni nucleari profonde che oscillano tra le polarità competente/efficace e incompetente/inefficace. I pazienti cercano di rappresentarsi mentalmente come efficaci attraverso un controllo estremo e rigido dell’alimentazione e la perdita di peso. Tali strategie di controllo sono efficaci nell’anoressia (AN), parzialmente efficaci nella bulimia (il controllo è interrotto dalle abbuffate) e inefficaci nel disturbo da alimentazione incontrollata.

Nel trattamento degli adolescenti, così come negli adulti con AN,  è necessario tenere presente le conseguenze organiche del disturbo che variano a seconda dell’età, della durata di malattia, della gravità del sottopeso: alterazioni cardiache, endocrine, elettrolitiche, del metabolismo osseo, ematologiche e gastro-enteriche. E’ necessario conoscere gli effetti del sottopeso anche sul piano cognitivo, emotivo e sociale: aumento dell’irritabilità, della depressione, dell’ansia, deficit dell’attenzione e di memoria, aumento dell’ossessività e bisogno di certezza, isolamento sociale e riduzione del desiderio sessuale.

Il trattamento cognitivo-comportamentale migliorato per gli adolescenti (CBT-Ea) è stato sviluppato nel 2008 presso l’Unità Funzionale di Riabilitazione Nutrizionale della Casa di Cura Villa Garda in collaborazione con il Prof. Fairburn dell’Università di Oxford e deriva dalla CBT-E per gli adulti. Le linee guida NICE (2017) hanno inserito questo trattamento tra gli interventi supportati da evidenze scientifiche per gli adolescenti con DCA, rappresentando oggi una valida alternativa al trattamento basato sulla famiglia. Si tratta di un trattamento non complesso da comprendere e ricevere, che include strategie per ingaggiare e motivare il paziente facendolo sentire parte attiva del percorso di cura e in controllo (aspetto importante per questa tipologia di pazienti), che adotta un approccio flessibile adattabile alle differenze individuali. Gli obiettivi dell’intervento sono quattro: 1) Motivare il paziente nella decisione di cambiare, un assunto fondamentale è che non vengano adottate strategie prescrittive o coercitive che aumenterebbero solo la resistenza al cambiamento della persona; 2) Affrontare la psicopatologia del DCA: basso peso (se presente), modo sbagliato di alimentarsi, preoccupazione per l’alimentazione, peso e forma corporea, comportamenti estremi di controllo del peso (uso diuretici e lassativi, eccessiva attività fisica, abbuffate e vomito auto-indotto); 3) Correggere i meccanismi di mantenimento del disturbo (specifici del paziente, ad es. il perfezionismo clinico); 4) Assicurare il mantenimento dei cambiamenti ottenuti e prevenire le ricadute. L’intervento adotta strategie cognitivo-comportamentali, sebbene si favoriscano principalmente cambiamenti strategici nel comportamento per ottenere cambiamenti cognitivi (nel modo di pensare). I genitori vengono coinvolti nel trattamento, sebbene questo non sia sempre necessario, e lo psicoterapeuta deve aiutarli a comprendere il funzionamento del disturbo, la natura del trattamento e il loro ruolo di supporter nell’evoluzione dei cambiamenti del figlio/a. Devono essere aiutati a eliminare le critiche e l’eccessivo controllo, due aspetti spesso presenti in queste famiglie, data l’estrema preoccupazione per la salute del figlio. Previo consenso del paziente, i genitori possono essere coinvolti nell’aiutarlo/a ad applicare alcune strategie e procedure del trattamento. In linea generale vengono visti alla fine di una seduta individuale paziente-terapeuta, con il paziente per circa 15 minuti e con una frequenza di una volta ogni 5 sedute.

Le ricerche condotte sino ad oggi sembrano indicare un’ efficacia superiore di questo trattamento negli adolescenti, che raggiungono obiettivi di peso salutare (IMC< 19) in tempi più brevi.

Un’analisi cognitiva della psicopatologia centrale dell’Anoressia Nervosa.

L’ Anoressia Nervosa è un disturbo complesso dall’eziologia ancora sconosciuta, sebbene dati di letteratura scientifica suggeriscano che derivi dall’interazione di molteplici fattori di natura genetica e ambientale. Sebbene nei soggetti affetti da Anoressia Nervosa sia presente il terrore di aumentare di peso e di diventare grassi, non è possibile concettualizzarlo come un semplice disturbo fobico per diverse ragioni. La prima è che il controllo dell’alimentazione, del peso e della forma corporea non sono solo la conseguenza della paura di ingrassare, ma sono associati ad un senso di trionfo, di superiorità, di soddisfazione, di orgoglio; la perdita di peso è spesso vissuta come un obiettivo da raggiungere a tutti i costi, una virtù, una “fonte di piacere”. Questa condizione, in cui la maggior parte dei pazienti esalta le virtù dello stato patologico adottando attivamente comportamenti di controllo del peso “ego-sintonici” (dieta rigida e estrema, esercizio fisico eccessivo, vomito auto-indotto, uso improprio di diuretici e lassativi) è molto diverso da una semplice fobia del peso.

anoressia nervosa

Il controllo del peso e della forma corporea rappresentano la psicopatologia centrale e specifica dei disturbi alimentari, mentre la fobia del peso rappresenta un’espressione secondaria del disturbo. In accordo alla teoria cognitivo-comportamentale più moderna, il cuore di tutti i disturbi alimentari sarebbe uno schema distintivo di auto-valutazione caratterizzato da un’ipervalutazione del peso e della forma corporea e del loro controllo; in altre parole chi soffre di un disturbo alimentare giudica se stesso e il proprio valore esclusivamente o in modo predominante in termini di peso, forma corporea, questo significa “valgo se e solo se raggiungo questo peso, ho questa forma corporea e se riesco a non mangiare” (Fairburn, Cooper, & Shafran, 2003). Da questa prospettiva è possibile comprendere il senso di comportamenti estremi di controllo del peso apparentemente privi di logica e le espressioni associate (es. il body checking e l’evitamento del corpo, il sentirsi grassi, preoccupazioni per la forma corporea, il cibo e il peso e la marginalizzazione di altre aree di vita), se una persona crede che il controllo del peso e del corpo sia vitale per giudicare il suo valore personale. Inoltre la restrizione dietetica e il basso peso corporeo determinano lo sviluppo di numerosi sintomi di malnutrizione, di natura sia fisica che psicologica e sociale (Calugi, Chignola, El

Ghoch, & Dalle Grave, 2018) che, a loro volta, contribuiscono a mantenere il disturbo alimentare attraverso meccanismi distinti. Ad esempio, il ritardo dello svuotamento gastrico come conseguenza della malnutrizione, produce un precoce senso di pienezza anche dopo l’ingestione di una modesta quantità di cibo; il ritiro sociale tipico di questi pazienti e secondario alla malnutrizione, intensifica l’uso del peso e della forma corporea come mezzi di auto-valutazione; e la preoccupazione per l’alimentazione secondaria alla restrizione dietetica accentua l’adozione di regole dietetiche rigide e estreme  (Dalle Grave, Pasqualoni, & Marchesini, 2011). Le abbuffate, riportate da un sottogruppo di pazienti con Anoressia Nervosa (tipo Binge-Purging) derivano dall’ipervalutazione del peso e della forma corporea e sono mantenute dal tentativo di aderire alle rigide regole dietetiche e/o gestire gli eventi esterni e gli stati d’animo negativi associati (Fairburn et al., 2003).

La terapia cognitivo-comportamentale dei disturbi alimentari (CBT-E) si basa sulla concettualizzazione descritta sopra e si pone come scopo principale quello di aiutare i pazienti a sviluppare uno schema di auto-valutazione più articolato e funzionale. Per raggiungere tale obiettivo, il trattamento usa specifiche strategie e procedure (es. auto-monitoraggio in tempo reale e la costruzione di una formulazione personalizzata del disturbo) che ha lo scopo di educare i pazienti circa i processi che stanno mantenendo il disturbo e aiutarli a smettere di identificare se stessi con il problema. I pazienti vengono incoraggiati a fare dei graduali cambiamenti comportamentali per valutare gli effetti e le implicazioni sul loro modo di pensare. Il trattamento è strutturato in modo da far sentire i pazienti in controllo, ad esempio pianificando in anticipo i pasti e introducendo in modo graduale i cibi evitati e creando un bilancio energetico positivo che determinerà un aumento di peso settimanale controllato e prevedibile. Essendo in grado di predire gli effetti sul peso di quello che mangeranno, i pazienti saranno più in grado di tollerare l’ansia associata con il recupero del peso e l’inserimento dei cibi evitati. Il trattamento prevede la collaborazione di più figure professionali; oltre allo psicoterapeuta specializzato spesso è necessaria la collaborazione con dietisti esperti  di riabilitazione nutrizionale di pazienti con disturbo alimentari e, in alcuni casi, può essere utile un supporto farmacologico. Il lavoro di squadra aiuta a raggiungere risultati importanti nell’attaccare un disturbo che è tra i più resistenti al cambiamento.

 

I disturbi del comportamento alimentare: definizione e trattamento

I disturbi alimentari sono caratterizzati da comportamenti connessi all’ alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale. Il Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM-5; 2013) riconosce tre disturbi dell’ alimentazione principali: Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa e Disturbo da Binge-Eating e un ampio gruppo di altri disturbi (sindrome da alimentazione notturna, anoressia nervosa atipica, ecc).

disturbi alimentari

L’ Anoressia Nervosa colpisce circa lo 0,3% delle adolescenti e delle giovani donne adulte dei paesi occidentali; il 90-95% dei soggetti sono di sesso femminile e i maschi rappresentano ancora oggi una minoranza. Il picco di maggiore frequenza si ha nella fascia di età 14-18 anni, sebbene negli ultimi anni si stia assistendo ad un aumento di insorgenza tardiva del disturbo, dopo i 20-30 anni, e precoce (prima dei 12 anni).  Nei casi più tipici, l’anoressia nervosa inizia in adolescenza con una restrizione importante nell’assunzione di cibo a cui consegue un significativo calo ponderale. Per perdere peso, le persone ricorrono a svariate mezzi: in primis la dieta rigida e restrittiva, la quale rappresenta spesso il fattore scatenante il disturbo alimentare, attività fisica eccessiva e compulsiva, uso di lassativi e/o diuretici, alcune ricorrono al vomito auto-indotto. A questi comportamenti tipici del disturbo si accompagna un’intensa paura di ingrassare, un’alterata percezione del proprio corpo e del proprio peso (tendono a percepirsi in sovrappeso pur essendo molto magre), eccessiva influenza del peso e della forma corporea sui livelli di autostima, tendenza a negare la gravità del disturbo (in verità la persona affetta da anoressia è molto orgogliosa della sua capacità di resistere alle tentazioni alimentari e riuscire a controllare il peso e l’alimentazione). Spesso a questo disturbo si associano depressione, difficoltà di attenzione e concentrazione, isolamento sociale, rigidità del pensiero, scarso interesse sessuale, tutti sintomi che tendono a normalizzarsi con il recupero ponderale. La giovane età e la breve durata di malattia sono fattori prognostici positivi. In alcuni adolescenti il disturbo è breve e guarisce senza alcuna cura o con un trattamento breve, ma spesso persiste e richiede trattamenti specialistici complessi.

La Bulimia nervosa è caratterizzata da ricorrenti episodi di abbuffata. L’abbuffata è caratterizzata da due aspetti centrali: mangiare, in un breve periodo di tempo, una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui assumerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili e la sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (es. la sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando). Le abbuffate sono accompagnate da condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso come vomito autoindotto, abuso di lassativi e diuretici, digiuno o attività fisica eccessiva. Anche nella bulimia nervosa, i livelli di autostima sono influenzati significativamente dalla forma e dal peso del corpo; è presente una condizione di normopeso. Il picco di maggior incidenza del disturbo è a 17-18 anni. Il disturbo tende a esordire con una dieta estrema, al punto che nel 25% dei casi vengono soddisfatti i criteri diagnostici dell’Anoressia nervosa;dopo un certo periodo le abbuffate interrompono la dieta e portano ad un recupero ponderale che tende a rimanere nella norma o lievemente al di sopra o sotto.

Il disturbo da binge-eating è caratterizzato da ricorrenti episodi di abbuffata (analoghe a quelle presenti nella bulimia nervosa) associati a tre o più dei seguenti aspetti: mangiare molto più rapidamente del normale, mangiare fino a sentirsi sgradevolmente pieni, mangiare grandi quantitativi di cibo anche se non ci si sente affamati, mangiare da soli a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando, sentirsi disgustati verso se stessi, depressi o molto in colpa dopo l’episodio. E’ presente marcato disagio riguardo alle abbuffate, le quali non sono associate, a differenza della bulimia nervosa, alla messa in atto sistematica di condotte compensatorie inappropriate. Le differenze di prevalenza nei due sessi sono meno marcate in questo disturbo infatti, sebbene ci sia una maggior frequenza nella popolazione femminile, è frequente anche negli uomini. Nelle persone con obesità che ricercano un trattamento dimagrante il disturbo da binge-eating è presente nel 10% dei casi.

Sebbene a livello di manifestazioni cliniche ci siano delle differenze, tutti e tre i disturbi dell’alimentazione condividono il medesimo nucleo psicopatologico e cioè l’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo. Questa è definita come la tendenza a giudicare il proprio valore in modo predominante o esclusivo in termini di peso e forma del corpo, aspetto questo che spiega il grande investimento di energie che le persone impiegano nel controllare l’alimentazione, il corpo e il peso.

Non conosciamo ancora bene le cause dei disturbi dell’alimentazione. I dati derivati dalla ricerca più recente sembrano indicare che derivino dalla combinazione di predisposizione genetica e fattori di rischio ambientali. Purtroppo, non si sa ancora nulla sui processi causali individuali coinvolti e su come i fattori genetici interagiscano con quelli ambientali. Sono stati individuati dalla ricerca dei potenziali fattori di rischio generali (es. sesso femminile, adolescenza e vivere in società occidentali) e individuali (esperienze di derisione per il peso e la forma corporea, dieta, ansia e disturbi d’ansia, ecc).

L’ Associazione Italiana dei Disturbi dell’Alimentazione e del Peso (AIDAP) ha promosso lo sviluppo della Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT) per il trattamento dei disturbi alimentari, essendo supportata da numerose evidenze scientifiche di efficacia. La CBT usa in modo flessibile strategie e procedure terapeutiche in sequenza per affrontare la psicopatologia individuale del paziente. Per fare questo il terapeuta e il paziente lavorano assieme, come una “squadra”, per superare il disturbo dell’alimentazione. Il paziente è incoraggiato a diventare un attivo partecipante nel processo di cura e a vedere il trattamento come priorità. La strategia chiave è creare una formulazione individualizzata e condivisa dei principali meccanismi di mantenimento che dovranno essere affrontati dal trattamento. La CBT adotta una varietà di procedure generiche cognitive e comportamentali, ma favorisce l’uso di cambiamenti specifici nel comportamento per modificare e ottenere dei cambiamenti cognitivi.

La CBT usa in modo flessibile strategie e procedure terapeutiche in sequenza per affrontare la psicopatologia individuale del paziente. Per fare questo il terapeuta e il paziente lavorano assieme, come una “squadra”, per superare il disturbo dell’alimentazione. Il paziente è incoraggiato a diventare un attivo partecipante nel processo di cura e a vedere il trattamento come priorità. La strategia chiave è creare una formulazione individualizzata e condivisa dei principali meccanismi di mantenimento che dovranno essere affrontati dal trattamento. La CBT adotta una varietà di procedure generiche cognitive e comportamentali, ma favorisce l’uso di cambiamenti specifici nel comportamento per modificare e ottenere dei cambiamenti cognitivi.

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