Dott.ssa Laura Marchi

Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale Pisa e provincia

Tag: adolescenza

Ipercontrollo e eccessiva preoccupazione genitoriale: una chiave per comprendere l’ansia sociale degli adolescenti

La relazione tra l’ansia sociale dei bambini e l’ipercontrollo genitoriale percepito è stato ben stabilito dalla letteratura scientifica. Caratterizzato dall’ipercoinvolgimento genitoriale, l’ipercontrollo dei bambini si ritiene che derivi dai tentativi dei genitori di proteggerli da ogni possibile fattore di stress. Sebbene l’intenzione sia buona, sostituendosi alle responsabilità che i bambini sarebbero in grado di assumersi in modo autonomo, i genitori potrebbero inavvertitamente incoraggiarli a diventare eccessivamente dipendenti o mettere in atto evitamenti che portano alla mancanza di autonomia o all’ansia nei contesti sociali. Proteggere i figli da nuove e potenzialmente stressanti esperienze, sebbene possa essere di aiuto nel breve periodo, potrebbe aprire loro la strada di successivi fallimenti sociali. L’ipercontrollo genitoriale delle attività quotidiane dei bambini limita la possibilità per loro di fare nuove esperienze e questo potrebbe essere un fattore particolarmente importante nello sviluppo dell’ansia sociale, che implica disagio e paura intense nei contesti sociali nuovi. La relazione tra l’ipercontrollo genitoriale e la paura che insorge nei contesti sociali e relazionali è stata confermata sia nell’infanzia che nella prima adolescenza.

La ragione alla base della limitazione dei genitori dell’autonomia dei bambini socialmente ansiosi, potrebbe essere collegata alle preoccupazioni per i loro figli. Preoccuparsi o focalizzare l’attenzione su possibili minacce future è una comune strategia di regolazione delle emozioni che potrebbe portare a un aumento dell’ansia. Alcuni genitori potrebbero iniziare a preoccuparsi in modo esagerato del benessere dei loro bambini socialmente ansiosi, il che potrebbe provocare comportamenti eccessivamente controllanti che, successivamente, possono essere modellati dai bambini. I genitori potrebbero inavvertitamente seguire i loro figli con eccessiva preoccupazione, aumentando così l’ansia sociale dei bambini nel tempo. Infatti, i genitori socialmente ansiosi tendono ad avere bambini socialmente ansiosi. Gli studiosi hanno suggerito che i bambini ansiosi apprendono che il mondo è un posto pericoloso dove potrebbero aspettarsi conseguenze negative per il loro comportamento e diventare sempre più paurosi ed evitanti come risultato.

La relazione di attaccamento instaurata con i genitori e lo stile educativo utilizzato influenza la formazione di credenze positive o negative sul mondo, su noi stessi e sugli altri; in caso di ansia sociale le convinzioni centrali sono spesso legate a temi di incapacità, inadeguatezza, non amabilità, sugli altri come critici, giudicanti, abbandonici, indisponibili e sul mondo come un luogo pericoloso. La terapia cognitivo-comportamentale in questi casi aiuta l’individuo a ristrutturare tali credenze e a esporsi a quelle situazioni sociali che evita a causa del disagio sperimentato. In caso di bambini e di adolescenti, coinvolgere i genitori diviene una parte fondamentale del trattamento per aiutarli a comprendere e modificare quegli aspetti del loro stile educativo che mantengono e rinforzano i sintomi del figlio.

Mindful eating: mangiare meno in modo più appagante

E’ esperienza comune sottoporsi a dieta nel corso della propria vita, sebbene per ragioni diverse, vivendola con fatica e frustrazione a causa dei limiti imposti sulle quantità e qualità dei cibi ‘consentiti‘. Sottoporsi ad una dieta tipicamente significa rinunciare spesso a ciò che più ci piace che in genere è anche più grasso e calorico. Quello che l’esperienza clinica e gli studi scientifici che hanno seguito nel tempo campioni di persone obese o sovrappeso sottoposte a dieta è che, quando le diete sono troppo rigide ed estreme tendono a non funzionare se non nel breve periodo; nel lungo periodo ciò che si osserva è un recupero ponderale. La più grande sfida posta alla scienza della nutrizione ed anche a quella psicologica è aiutare le persone non solo a perdere il peso, ma anche e soprattutto a mantenerlo stabile nel tempo.
Da dove deriva questa difficoltà? Ovviamente, il nostro peso dipende dal rapporto tra quanto introduciamo con l’alimentazione e quanto bruciamo, ma la fame e l’uso dell’energia sono controllate dal cervello, senza la nostra consapevolezza. Il nostro cervello ha un proprio senso di quanto dobbiamo pesare, il cosiddetto ‘set-point’, indipendentemente da quello che crediamo essere il nostro peso desiderato e ideale. Il set-point in realtà è un range di peso variabile tra 4,5 e 7kg; questo significa che variando lo stile di vita è possibile avere oscillazioni in alto e in basso del peso corporeo all’interno del range ma è molto difficile rimanerne al di fuori. L’ipotalamo, la parte del cervello che regola il peso corporeo, funziona come un termostato volto a mantenere il peso stabile quando le condizioni cambiano, attraverso la regolazione della fame, dell’attività e del metabolismo. Il cervello reagisce alla perdita di peso attivando potenti strumenti per far ritornare il corpo al peso che considera normale, ovvero ‘salutare’; se viene perso molto peso il cervello reagisce come se stesse morendo di fame, quindi il metabolismo si riduce in modo da conservare più energia e la fame aumenta. Le persone che hanno perso il 10 percento del loro peso corporeo bruciano 250-400 kcal in meno perchè il loro metabolismo è soppresso. Questo meccanismo ha un alto potere per la sopravvivenza umana; quando il cibo era scarso i nostri antenati potevano sopravvivere solo grazie a questi meccanismi fisiologici di conservazione dell’energia.

Ciò a cui il corpo non è stato preparato è la sovrabbondanza di cibo che caratterizza le società occidentali.
Gli psicologi classificano chi mangia in due gruppi, coloro che si affidano alla loro fame e coloro che tentano di controllare ciò che mangiano affidandosi alla forza di volontà e a regole rigide (comportamento utilizzato da coloro che si mettono a dieta). Potremmo definirli ‘mangiatori intuitivi’ i primi e ‘mangiatori controllati‘ i secondi. I mangiatori intuitivi hanno meno problemi legati all’alimentazione, hanno meno probabilità di essere in sovrappeso e si preoccupano meno del peso e della dieta. I mangiatori controllati’, invece, sono più vulnerabili alle abbuffate in risposta a stimoli visivi legai al cibo, alle emozioni (la cosiddetta ‘fame emotiva’), al sovrappeso,inoltre una piccola indulgenza, come mangiare due biscotti è più facile che porti ad un’abbuffata di cibo in questi soggetti. Questo ciclo di diete e abbuffate non solo è responsabile nel lungo periodo di un aumento di peso, ma può predire anche l’insorgenza dei disturbi alimentari, soprattutto in adolescenza. Le diete non sono molto affidabili; 5 anni dopo una dieta, la maggior parte delle persone ha riguadagnato il peso e il 40% di loro ne ha guadagnato anche di più. Con molta probabilità l’effetto della dieta nel lungo periodo è quello di farci prendere peso piuttosto che perderlo. Quindi che cosa fare?
La risposta è: mindful eating, ovvero imparare a mangiare con consapevolezza, imparando a capire i segnali che il corpo ci invia, quelli di fame e di sazietà, in modo da mangiare quando si ha fame e smettere quando si è sazi, perchè gran parte dell’aumento del peso è legato al mangiare quando non si è veramente affamati. Come fare?
Datevi il permesso di mangiare ciò che desiderate e poi cercate di capire cosa fa stare bene il vostro corpo, sedetevi a pasti regolari senza troppe distrazioni, focalizzate l’attenzione su come il vostro corpo si sente prima che iniziate a mangiare, durante il pasto e quando vi fermate. Lasciate che sia il vostro livello di fame a decidere quando iniziare e smettere di mangiare. Imparare a riappropriarsi dei meccanismi di auto-regolazione del corpo è qualcosa che richiede allenamento perchè nel tempo ci abituiamo a mangiare seguendo le emozioni, le regole, la vista del cibo e perdiamo la connessione naturale con i segnali del corpo.
Programmi di mindful eating possono essere un valido aiuto per tutti coloro che in modo diverso lottano con il cibo, il peso, il corpo e che desiderano interrompere questa lotta e sentirsi finalmente meglio.

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