I disturbi alimentari sono caratterizzati da comportamenti connessi all’ alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale. Il Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM-5; 2013) riconosce tre disturbi dell’ alimentazione principali: Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa e Disturbo da Binge-Eating e un ampio gruppo di altri disturbi (sindrome da alimentazione notturna, anoressia nervosa atipica, ecc).
L’ Anoressia Nervosa colpisce circa lo 0,3% delle adolescenti e delle giovani donne adulte dei paesi occidentali; il 90-95% dei soggetti sono di sesso femminile e i maschi rappresentano ancora oggi una minoranza. Il picco di maggiore frequenza si ha nella fascia di età 14-18 anni, sebbene negli ultimi anni si stia assistendo ad un aumento di insorgenza tardiva del disturbo, dopo i 20-30 anni, e precoce (prima dei 12 anni). Nei casi più tipici, l’anoressia nervosa inizia in adolescenza con una restrizione importante nell’assunzione di cibo a cui consegue un significativo calo ponderale. Per perdere peso, le persone ricorrono a svariate mezzi: in primis la dieta rigida e restrittiva, la quale rappresenta spesso il fattore scatenante il disturbo alimentare, attività fisica eccessiva e compulsiva, uso di lassativi e/o diuretici, alcune ricorrono al vomito auto-indotto. A questi comportamenti tipici del disturbo si accompagna un’intensa paura di ingrassare, un’alterata percezione del proprio corpo e del proprio peso (tendono a percepirsi in sovrappeso pur essendo molto magre), eccessiva influenza del peso e della forma corporea sui livelli di autostima, tendenza a negare la gravità del disturbo (in verità la persona affetta da anoressia è molto orgogliosa della sua capacità di resistere alle tentazioni alimentari e riuscire a controllare il peso e l’alimentazione). Spesso a questo disturbo si associano depressione, difficoltà di attenzione e concentrazione, isolamento sociale, rigidità del pensiero, scarso interesse sessuale, tutti sintomi che tendono a normalizzarsi con il recupero ponderale. La giovane età e la breve durata di malattia sono fattori prognostici positivi. In alcuni adolescenti il disturbo è breve e guarisce senza alcuna cura o con un trattamento breve, ma spesso persiste e richiede trattamenti specialistici complessi.
La Bulimia nervosa è caratterizzata da ricorrenti episodi di abbuffata. L’abbuffata è caratterizzata da due aspetti centrali: mangiare, in un breve periodo di tempo, una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui assumerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili e la sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (es. la sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando). Le abbuffate sono accompagnate da condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso come vomito autoindotto, abuso di lassativi e diuretici, digiuno o attività fisica eccessiva. Anche nella bulimia nervosa, i livelli di autostima sono influenzati significativamente dalla forma e dal peso del corpo; è presente una condizione di normopeso. Il picco di maggior incidenza del disturbo è a 17-18 anni. Il disturbo tende a esordire con una dieta estrema, al punto che nel 25% dei casi vengono soddisfatti i criteri diagnostici dell’Anoressia nervosa;dopo un certo periodo le abbuffate interrompono la dieta e portano ad un recupero ponderale che tende a rimanere nella norma o lievemente al di sopra o sotto.
Il disturbo da binge-eating è caratterizzato da ricorrenti episodi di abbuffata (analoghe a quelle presenti nella bulimia nervosa) associati a tre o più dei seguenti aspetti: mangiare molto più rapidamente del normale, mangiare fino a sentirsi sgradevolmente pieni, mangiare grandi quantitativi di cibo anche se non ci si sente affamati, mangiare da soli a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando, sentirsi disgustati verso se stessi, depressi o molto in colpa dopo l’episodio. E’ presente marcato disagio riguardo alle abbuffate, le quali non sono associate, a differenza della bulimia nervosa, alla messa in atto sistematica di condotte compensatorie inappropriate. Le differenze di prevalenza nei due sessi sono meno marcate in questo disturbo infatti, sebbene ci sia una maggior frequenza nella popolazione femminile, è frequente anche negli uomini. Nelle persone con obesità che ricercano un trattamento dimagrante il disturbo da binge-eating è presente nel 10% dei casi.
Sebbene a livello di manifestazioni cliniche ci siano delle differenze, tutti e tre i disturbi dell’alimentazione condividono il medesimo nucleo psicopatologico e cioè l’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo. Questa è definita come la tendenza a giudicare il proprio valore in modo predominante o esclusivo in termini di peso e forma del corpo, aspetto questo che spiega il grande investimento di energie che le persone impiegano nel controllare l’alimentazione, il corpo e il peso.
Non conosciamo ancora bene le cause dei disturbi dell’alimentazione. I dati derivati dalla ricerca più recente sembrano indicare che derivino dalla combinazione di predisposizione genetica e fattori di rischio ambientali. Purtroppo, non si sa ancora nulla sui processi causali individuali coinvolti e su come i fattori genetici interagiscano con quelli ambientali. Sono stati individuati dalla ricerca dei potenziali fattori di rischio generali (es. sesso femminile, adolescenza e vivere in società occidentali) e individuali (esperienze di derisione per il peso e la forma corporea, dieta, ansia e disturbi d’ansia, ecc).
L’ Associazione Italiana dei Disturbi dell’Alimentazione e del Peso (AIDAP) ha promosso lo sviluppo della Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT) per il trattamento dei disturbi alimentari, essendo supportata da numerose evidenze scientifiche di efficacia. La CBT usa in modo flessibile strategie e procedure terapeutiche in sequenza per affrontare la psicopatologia individuale del paziente. Per fare questo il terapeuta e il paziente lavorano assieme, come una “squadra”, per superare il disturbo dell’alimentazione. Il paziente è incoraggiato a diventare un attivo partecipante nel processo di cura e a vedere il trattamento come priorità. La strategia chiave è creare una formulazione individualizzata e condivisa dei principali meccanismi di mantenimento che dovranno essere affrontati dal trattamento. La CBT adotta una varietà di procedure generiche cognitive e comportamentali, ma favorisce l’uso di cambiamenti specifici nel comportamento per modificare e ottenere dei cambiamenti cognitivi.
La CBT usa in modo flessibile strategie e procedure terapeutiche in sequenza per affrontare la psicopatologia individuale del paziente. Per fare questo il terapeuta e il paziente lavorano assieme, come una “squadra”, per superare il disturbo dell’alimentazione. Il paziente è incoraggiato a diventare un attivo partecipante nel processo di cura e a vedere il trattamento come priorità. La strategia chiave è creare una formulazione individualizzata e condivisa dei principali meccanismi di mantenimento che dovranno essere affrontati dal trattamento. La CBT adotta una varietà di procedure generiche cognitive e comportamentali, ma favorisce l’uso di cambiamenti specifici nel comportamento per modificare e ottenere dei cambiamenti cognitivi.