La quarantena, misura imposta dal governo per fronteggiare la pandemia del Covid-19, è una misura che, sebbene necessaria per limitare la diffusione del contagio, ha importanti conseguenze psicologiche sulle persone e l’intera comunità, dal momento che comporta una forte limitazione della libertà personale e dei contatti sociali, entrambi bisogni fondamentali dell’essere umano e elementi imprescindibili per il mantenimento del benessere psicologico. Al momento non sono presenti in letteratura scientifica dati epidemiologici precisi sulla prevalenza dei sintomi psicologici secondari alla quarantena, pertanto questa breve articolo farà riferimento a studi scientifici che hanno indagato le reazioni psicologiche di persone che hanno vissuto emergenze sanitarie e misure di contenimento simili in passato (es. SARS). Secondo tali studi, la maggior parte delle persone messe in quarantena può sviluppare un disagio significativo, che può andare dallo sperimentare sentimenti negativi gestibili di vuoto, tristezza, ansia, paura, frustrazione, noia a veri e propri disturbi diagnosticabili, come ad esempio il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD).
Reazioni comuni alla quarantena sono:
➢ Umore deflesso, tristezza, afflizione, colpa
➢ Irritabilità, nervosismo
➢ Insonnia
➢ Rabbia
➢ Paura
➢ Confusione, torpore
➢ Punteggi elevati agli strumenti di valutazione del Disturbo da stress post-traumatico
Gli studi ci dicono anche che gli effetti psicologici secondari alla quarantena possono durare molto tempo dopo il termine dell’isolamento, anche tre anni dopo. Questo significa che è molto importante non trascurare la mente in questo momento emergenziale perchè il rischio è quello di un protrarsi e cristallizzarsi della sintomatologia post-traumatica. Si può andare da un lento ritorno alla normalità al verificarsi di veri e propri disturbi o episodi di malattia psichiatrica. Sono stati riportati in particolare:
➢ Protrarsi di comportamenti di evitamento per paura del contagio (riduzione dei contatti, della frequentazione di luoghi chiusi e/o affollati)
➢ Mantenimento di norme igieniche eccessive (lavarsi troppo spesso le mani)
➢ Abuso o dipendenza alcolica
E’ evidente che, sebbene non siano totalmente chiariti dalla ricerca i fattori che spiegano la differenza tra coloro che a seguito di eventi traumatici sviluppano patologie e chi non le sviluppa, alcune variabili sono ben documentate. Fattori di vulnerabilità possono essere:
➢ Una rete familiare scarsamente supportiva
➢ Un basso livello culturale
➢ Problemi finanziari
➢ Anamnesi psichiatrica positiva
Lavorare in ambito sanitario può essere, pur se non confermato in modo univoco, un elemento di rischio, comportando una maggiore frustrazione professionale fino al born-out e al PTSD e una maggiore preoccupazione di poter contagiare altre persone, oltre che la stigmatizzazione da parte della comunità.
Alcune condizioni oggettive della quarantena possono fare la differenza nel determinare o meno certe reazioni psicologiche negative:
➢ La durata del periodo di isolamento
➢ La preoccupazione di poter infettare altri (p.e. i familiari)
➢ La sensazione di non sentirsi inseriti in una rete sociale (anche attraverso i contatti telematici)
➢ La difficoltà nel procurarsi i beni di prima necessità
➢ La carenza di informazione e di indicazioni comportamentali chiare
➢ La sfiducia nelle istituzioni deputate a garantire la salute pubblica
Per ridurre l’impatto della quarantena alcune attenzioni possono fare la differenza (oltre a cercare di limitarne la durata al minimo necessario):
➢ Dare informazioni accurate, combattere i «fantasmi» catastrofici
➢ Stimolare la consapevolezza della necessità dei provvedimenti, migliore garanzia del loro rispetto, educando alla responsabilità verso gli altri.
➢ Garantire puntualmente i beni di prima necessità
➢ Mantenere viva la comunicazione, attraverso telefono e social network, tra persone e con le istituzioni sanitarie
➢ Evitare la stigmatizzazione degli operatori sanitari e sociali «in prima linea» che devono arretrare per il periodo di quarantena
Diventa molto importante il supporto psicologico, anche tramite telefono, in ottica preventiva sia per le fasce di popolazioni più vulnerabili, compresi gli operatori sanitari, maggiormente esposti al fenomeno di traumatizzazione vicaria, ovvero al trauma secondario all’esposizione alla sofferenza di coloro di cui si prendono cura. Inoltre sono possibili interventi più specifici (defusing e debriefing) che hanno l’obiettivo di lavorare con coloro esposti a eventi traumatici in modo diretto e che hanno l’obiettivo di contenere le reazioni acute da stress e di prevenire eventuali esiti psicopatologici nel lungo termine.
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