I disturbi dell’alimentazione sono disturbi complessi da un punto di vista sia psichico sia organico e molto diffusi nella popolazione generale; le stime di prevalenza si attestano attorno al 5-15%. La massima incidenza di questa disturbi la troviamo nella fascia di età 14-18 anni, quindi nella prima adolescenza. Questa è la ragione per cui è di estrema importanza riconoscere tempestivamente i primi segni di disturbo alimentare e intervenire con trattamenti efficaci e specialistici, evitando in questo modo la cronicizzazione del disturbo e le conseguenze negative su un piano medico, psichico, sociale e familiare.
I sintomi alimentari sono dei rimedi, delle strategie utilizzate dai pazienti per controllare problemi psicopatologici più profondi quali: un senso pervasivo di inefficacia personale (i pensieri, le azioni, i bisogni sono etero-determinati, non originano attivamente dall’interno), difficoltà a identificare le emozioni, le sensazioni, gli stati interni, identità personale fragile/non strutturata (che va oltre la diffusione d’identità tipica della fase evolutiva adolescenziale), focalizzazione sull’immagine corporea e sua distorsione. L’autostima personale, il proprio senso di efficacia personale, che caratterizza ogni essere umano e che si gioca in vari domini esistenziali, in pazienti con disturbo alimentare si gioca in un unico dominio che è quello del controllo del peso e dell’alimentazione. Le strategie di controllo sono il bersaglio del trattamento, ma è importante riconoscere come terapeuti e far riconoscere ai pazienti, il significato e la funzione che svolgono, prima di poter pensare di motivare al trattamento; esse sono tese a ridurre il senso di pericolo e di vulnerabilità percepita. Il nucleo psicopatologico dei DCA è costituito da convinzioni nucleari profonde che oscillano tra le polarità competente/efficace e incompetente/inefficace. I pazienti cercano di rappresentarsi mentalmente come efficaci attraverso un controllo estremo e rigido dell’alimentazione e la perdita di peso. Tali strategie di controllo sono efficaci nell’anoressia (AN), parzialmente efficaci nella bulimia (il controllo è interrotto dalle abbuffate) e inefficaci nel disturbo da alimentazione incontrollata.
Nel trattamento degli adolescenti, così come negli adulti con AN, è necessario tenere presente le conseguenze organiche del disturbo che variano a seconda dell’età, della durata di malattia, della gravità del sottopeso: alterazioni cardiache, endocrine, elettrolitiche, del metabolismo osseo, ematologiche e gastro-enteriche. E’ necessario conoscere gli effetti del sottopeso anche sul piano cognitivo, emotivo e sociale: aumento dell’irritabilità, della depressione, dell’ansia, deficit dell’attenzione e di memoria, aumento dell’ossessività e bisogno di certezza, isolamento sociale e riduzione del desiderio sessuale.
Il trattamento cognitivo-comportamentale migliorato per gli adolescenti (CBT-Ea) è stato sviluppato nel 2008 presso l’Unità Funzionale di Riabilitazione Nutrizionale della Casa di Cura Villa Garda in collaborazione con il Prof. Fairburn dell’Università di Oxford e deriva dalla CBT-E per gli adulti. Le linee guida NICE (2017) hanno inserito questo trattamento tra gli interventi supportati da evidenze scientifiche per gli adolescenti con DCA, rappresentando oggi una valida alternativa al trattamento basato sulla famiglia. Si tratta di un trattamento non complesso da comprendere e ricevere, che include strategie per ingaggiare e motivare il paziente facendolo sentire parte attiva del percorso di cura e in controllo (aspetto importante per questa tipologia di pazienti), che adotta un approccio flessibile adattabile alle differenze individuali. Gli obiettivi dell’intervento sono quattro: 1) Motivare il paziente nella decisione di cambiare, un assunto fondamentale è che non vengano adottate strategie prescrittive o coercitive che aumenterebbero solo la resistenza al cambiamento della persona; 2) Affrontare la psicopatologia del DCA: basso peso (se presente), modo sbagliato di alimentarsi, preoccupazione per l’alimentazione, peso e forma corporea, comportamenti estremi di controllo del peso (uso diuretici e lassativi, eccessiva attività fisica, abbuffate e vomito auto-indotto); 3) Correggere i meccanismi di mantenimento del disturbo (specifici del paziente, ad es. il perfezionismo clinico); 4) Assicurare il mantenimento dei cambiamenti ottenuti e prevenire le ricadute. L’intervento adotta strategie cognitivo-comportamentali, sebbene si favoriscano principalmente cambiamenti strategici nel comportamento per ottenere cambiamenti cognitivi (nel modo di pensare). I genitori vengono coinvolti nel trattamento, sebbene questo non sia sempre necessario, e lo psicoterapeuta deve aiutarli a comprendere il funzionamento del disturbo, la natura del trattamento e il loro ruolo di supporter nell’evoluzione dei cambiamenti del figlio/a. Devono essere aiutati a eliminare le critiche e l’eccessivo controllo, due aspetti spesso presenti in queste famiglie, data l’estrema preoccupazione per la salute del figlio. Previo consenso del paziente, i genitori possono essere coinvolti nell’aiutarlo/a ad applicare alcune strategie e procedure del trattamento. In linea generale vengono visti alla fine di una seduta individuale paziente-terapeuta, con il paziente per circa 15 minuti e con una frequenza di una volta ogni 5 sedute.
Le ricerche condotte sino ad oggi sembrano indicare un’ efficacia superiore di questo trattamento negli adolescenti, che raggiungono obiettivi di peso salutare (IMC< 19) in tempi più brevi.
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