Quando si parla di psicoterapia siamo abituati a pensare a un rapporto tra paziente e psicoterapeuta che avviene in un determinato spazio fisico e con determinate regole legate al numero, al costo e alla durata delle sedute che si svolge essenzialmente grazie all’uso di interventi verbali, di riflessioni che aprono al cambiamento e alla riduzione dei sintomi. Senza dubbio il lavoro cognitivo, dove per cognitivo intendiamo tutto ciò che riguarda la mente razionale, la logica è una parte importante degli interventi psicoterapici cosiddetti top-down, ma soprattutto negli ultimi anni, a partire dall’ambito della psicotraumatologia, si stanno diffondendo le nuove terapie bottom-up, dove il processo terapeutico viene sostituito perlopiù da un allenamento a riconoscere l’attività mentale in quanto tale. L’attenzione si sposta quindi dai contenuti ai processi mentali, dagli interventi concettuali a quelli meditativi (mindfulness) ed esperienziali. Ciò non vuol dire che nel corso di una psicoterapia non cambino le convinzioni negative o irrazionali, ma il cambiamento non avviene solo per opera di un intervento specificatamente rivolto a questo da parte del terapeuta, quanto piuttosto a opera di una più o meno spontanea trasformazione che accompagna l’aumento di consapevolezza della propria esperienza soggettiva. Lo noti, stia su questo, senta cosa accade… sono gli input che i pazienti ricevono mentre emergono libere associazioni, immagini, pensieri, ricordi, collegamenti, sensazioni corporee, durante una seduta. Il tutto all’interno dell’atteggiamento proposto dalla mindfulness di osservare, accettare, semplicemente notare la propria attività mentale.
QAll’interno di questo quadro concettuale strategie di regolazione del sistema nervoso autonomo diventano parte integrante della psicoterapia, sia essa cognitivo-comportamentale, basata sull’ EMDR, o di approccio psicodinamico. Il sistema nervoso autonomo regola quegli aspetti nel corpo che si verificano automaticamente, come la respirazione, la pressione sanguigna, la digestione, il battito cardiaco, e così via. E’ composto da due ramificazioni: il sistema nervoso simpatico (SNS), il nostro sistema di risposta allo stress, o sistema di attacco o fuga, che viene attivato quando proviamo stress e provoca una iperattivazione del nostro organismo aumentando la pressione sanguigna, il ritmo del respiro, il battito cardiaco, rallentando la digestione, rilassando la vescica, aumentando il livello di energia utile per gestire efficacemente la situazione di pericolo. L’altra ramificazione è costituita dal sistema nervoso parasimpatico (SNP) che è l’esatto opposto. Una volta che l’evento stressante è terminato, riporta alla normalità le funzioni precedentemente allertate dal SNS, ponendoci in uno stato di riposo e rilassamento. Entrambe le ramificazioni vengono sempre coinvolte, ma di solito una è più attiva, l’altra soppressa, quando un sistema è attivo, l’altro è inattivo e viceversa. Quando i due sistemi lavorano in armonia si alternano in modo equilibrato, ma a volte possono esserci disfunzioni del sistema nervoso autonomo, come nel caso più frequente, in cui il SNS rimane dominante per la maggior parte del tempo e il SNP si attiva raramente. Quando questo accade il corpo rimane in uno stato di lotta o fuga tutto il tempo, provocando danni cronici alla salute. Altre volte il SNA è totalmente disregolato e attiva entrambi i sistemi, dall’ansia estrema al collasso. Partendo da questo principio, ovvero la necessità di una regolazione armonica del SNA per mantenere un buon stato di salute e funzionamento generale, nelle terapie corporee si insegnano strategie per imparare a riconoscere e a regolare il livello di attivazione dell’organismo (autoregolazione) in modo da rimanere dentro la cosiddetta finestra di tolleranza, dove possiamo percepire un equilibrio interno evitando i due estremi dell’iper-attivazione (stato di allerta) o di ipo-attivazione (depressione, apatia, rallentamento, collasso).
L’autoregolazione è la nostra capacità di controllare come ci sentiamo e agiamo. Un’autoregolazione riuscita ci aiuta in molti modi. Per esempio, ci può aiutare a:
- Mantenere l’attenzione su un compito
- Rispondere senza difficoltà alle sensazioni
- Persistere di fronte alla difficoltà
- Mantenere un sentimento di appagamento
- Controllare le emozioni
- Far corrispondere il livello di energia alla situazione
- Promuovere comportamenti sani (mangiare quando si ha fame, smettere quando si è sazi, ecc).
Quindi nel corso della terapia il paziente imparerà a riconoscere e percepire come il disagio per una situazione specifica si manifesta nel corpo. Questo è il primo step. Poi ci sono diversi interventi centrati sulle risorse somatiche (segnali che provengono dal nostro corpo) per imparare a auto-regolarsi; vediamo quali:
- Grounding: radicare il corpo nel qui e ora, attraverso la percezione della schiena, del bacino e dei piedi sul pavimento, permette di percepire il supporto che viene dalla sensazione di essere “con i piedi per terra” e favorisce una maggiore presenza.
- Orientamento: radicare il corpo nel qui e ora, riprendendo contatto con l’ambiente intorno a noi, permette di portare l’attenzione dalle sollecitazioni interne sopraffacenti all’esterno, ripristinando il senso dell’orientamento. Sono qui, non sono altrove.
- Centratura: radicare il corpo nel qui e ora, attraverso la percezione del proprio centro (è un’area appena sotto l’ombelico), permette di canalizzare l’energia nel bacino, riducendo la dispersione dell’attivazione in altre parti del corpo e sperimentare una maggiore presenza.
- Respiro: radicare il corpo nel qui e ora, attraverso la percezione delle proprie modalità respiratorie, della fluidità, dell’espansione o della sensazione che ci sia poco “spazio” interno per respirare, si favorisce la possibilità di modificare laddove presente ad esempio una sensazione di costrizione, favorisce la possibilità di aumentare la capacità respiratoria, aumentando la percezione dei polmoni, del torace e quindi di avere “spazio” per poter respirare.
- Auto-contenimento: radicare il corpo nel qui e ora, attraverso l’effetto calmante che ha il contatto corporeo, l’appoggio di una mano sulla parte che si sente eccessivamente attivata, il “prestare attenzione” con un atteggiamento accuditivo all’attivazione, favorisce la capacità di contenere o calmare uno stato di attivazione elevato.
- Auto-appoggio: radicare il corpo nel qui e ora, attraverso l’autostimolazione tattile si favorisce il collegamento tra due distretti corporei che sono funzionalmente scissi tra loro. Se per esempio la scissione avviene tra il torace e la parte bassa dell’addome, l’auto-appoggio di una mano favorisce la percezione dei due distretti corporei, facilitandone il processo di coesione.
- Allineamento: radicare il corpo nel qui e ora, attraverso l’allineamento e la percezione della verticalità della colonna, si favorisce il raddrizzamento della schiena e un cambiamento posturale che può permettere di sentirsi più stabili, più presenti a se stessi, banalmente perchè si è “dritti” davanti a un evento da affrontare.
- Postura: alcune posture sono difensive, protettive, con l’ausilio delle risorse somatiche aiutiamo i pazienti a portare a compimento le azioni incomplete, elaborando il trauma nel corpo.
Imparare ad autoregolarsi richiede tempo e allenamento come ogni nuovo apprendimento; il terapeuta in questo caso si rivela una guida, un modello e ha una funzione di contenimento ulteriore di fronte ai temi dolorosi che emergono nel corso del lavoro insieme. Un approccio di questo tipo può essere di aiuto in molti casi, non solo per coloro che hanno vissuti traumatici.
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