L’ EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) è un approccio terapeutico evidence based raccomandato dall’OMS, per il trattamento del trauma e dello stress traumatico. Si tratta di una metodologia che utilizza i movimenti oculari o altre forme di stimolazione alternata destra-sinistra, per trattare i disturbi legati a esperienze traumatiche. Nel 2018, l’Associazione EMDR Italia è stata inserita nell’elenco delle Società Scientifiche delle professioni sanitarie, riconosciute dal Ministero della Salute (ai sensi del dm 2 agosto 2017 – Legge Gelli).
In un momento come questo molte certezze sono venute meno e il senso di vulnerabilità cresce. Le persone hanno paura, tutti siamo potenzialmente contagiabili e tutti potremmo contagiare altre persone, nessuno è immune perchè non esiste un vaccino o una cura specifica contro il coronavirus. Il nostro senso di sicurezza è stato alterato in modo rapido e improvviso, come avviene sempre nei casi di emergenza. La paura di morire cresce. Insieme a questo, la risposta emotiva delle persone può essere caratterizzata dalla rabbia che, per qualcuno, è la risposta migliore, sebbene poco funzionale, in un clima in cui non abbiamo controllo su nulla e sentiamo di aver perso la possibilità di gestire la propria vita in autonomia (non sappiamo quando finirà la quarantena, non possiamo progettare il futuro, ci sentiamo in balia degli eventi) La rabbia verso qualcuno considerato responsabile/capro espiatorio ci illude di recuperare almeno un pò di controllo e una spiegazione a ciò che appare privo di senso. Un’altro tema che emerge è quello della responsabilità/colpa che per qualcuno è fonte di grande sofferenza, pensiamo a coloro che sono risultate positive al Covid-19 e hanno infettato i propri cari. Tutte queste risposte sono risposte normali di fronte a una situazione anormale, che la nostra mente fa fatica a sopportare da un punto di vista psicologica.
In modo particolare, in questa emergenza sono gli operatori sanitari a vivere in prima linea uno stress che può diventare post traumatico se non vengono presi seri provvedimenti in loro aiuto. Lavorano in un costante stato di allarme legato alla paura e al maggior rischio effettivo di contagiarsi, i turni massacranti a cui sono sottoposti impediscono loro di decomprimere lo stress attraverso pause e riposi tra un turno lavorativo e l’altro, così vitali per la salute psichica oltre che fisica. Per non parlare poi del rischio di traumatizzazione vicaria, la sintomatologia post-traumatica che insorge come conseguenza della relazione di aiuto di persone che soffrono, che vivono il trauma della terapia intensiva e che, in diversi casi, muoiono in solitudine. Agli operatori sanitari spetta la gestione dei familiari che non possono vedere i loro cari malati, a loro spetta la comunicazione della morte o dei cambiamenti nelle condizioni di salute, così repentine. Si sentono impotenti, nonostante i grandi sforzi, le morti sono numerose. Tutto questo li espone a un livello di stress elevato che, se entro certi limiti, è assolutamente funzionale al lavoro, non è questo il momento per loro di smobilitare emozioni dolorosi, questo è il momento dell’azione, devono adoperarsi per gli altri. Ma un punto importante è che per poter lavorare al meglio è necessario dare loro strumenti per decomprimere, ovvero imparare ad abbassare anche se di poco, il livello di attivazione dell’organismo quando supera la finestra di tolleranza, quella zona entro la quale possiamo esseri certi di funzionare al meglio.
Per questo esistono diversi strumenti di facile applicazione, brevi che derivano dalla grande esperienza dell’Associazione EMDR in ambito emergenziale e psico-traumatologico proprio per imparare a riconoscere e abbassare il livello di stress negativo, cioè quello che danneggia la salute.
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